E’ stato pubblicato in G.U. il D.L. 25 marzo 2020, n. 19 recante “Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19”, entrato in vigore dal 26 marzo 2020, che ha introdotto interessanti novità in tema di sanzioni.
La normativa emergenziale vigente fino al 25 marzo 2020 prevedeva una serie di limiti ed obblighi, tra i quali:
- il divieto rivolto a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi in un comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute (il rientro al domicilio o alla residenza, inizialmente consentito dal DPCM dell’8 marzo 2020 è stato abrogato con il DPCM 22 marzo 2020);
- il divieto di assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico;
- la chiusura della “quasi” totalità delle attività commerciali, salvi i servizi pubblici essenziali;
- Il divieto assoluto di uscire per chi è sottoposto alla misura della quarantena o dell’autoisolamento.
Salvo che il fatto costituisse più grave reato, fino al 25 marzo 2020 la violazione dei predetti obblighi era sussumibile all’interno della fattispecie contravvenzionale prevista dall’art. 650 cod. pen. e punita con la misura dell’arresto fino a tre mesi o dell’ammenda fino ad euro 206 in caso di violazione di “un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d’ordine pubblico o d’igiene”.
Con il D.L. 25 marzo 2020 n. 19 il Governo ha operato una depenalizzazione della predetta fattispecie, prevedendo l’irrogazione di sanzioni di natura amministrativa in luogo delle sanzioni penali previste dall’art. 650 cod. pen. Segnatamente, l’art. 4 del decreto ha introdotto la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di danaro da un minimo di Euro 400,00 ad un massimo di Euro 3.000,00 in caso di inosservanza delle misure di contenimento alla diffusione del Coronavirus, salvo che il fatto costituisca reato. La nuova normativa specifica che “non si applicano le sanzioni contravvenzionali previste dall’art. 650 del cod. pen.”
Tale sanzione può essere aumentata fino ad un terzo nel caso in cui la violazione avvenga mediante l’utilizzo di un veicolo ed è raddoppiata in caso di reiterazione.
Nelle sole ipotesi di mancato rispetto delle misure previste per pubblici esercizi o attività produttive o commerciali, è prevista la sanzione accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attività da 5 a 30 giorni, che si applicherà sempre nella misura massima in caso di reiterazione della violazione.
L’ abolitio criminis operata dal legislatore ha riguardato anche le violazioni accertate prima dell’entrata in vigore del D.L. n.19/2020, con la particolarità che le sanzioni amministrative saranno applicate nella misura minima ridotta alla metà.
Il procedimento sanzionatorio è demandato alla Prefettura competente; si applicano, inoltre, le norme previste dal C.d.S. (art. 202) in materia di pagamento della sanzione in misura ridotta. Viene, dunque, effettuato un esplicito richiamo alla norme vigenti in tema di violazione delle norme sulla circolazione stradale, che consentono una riduzione del pagamento della sanzione al 30%, con una significativa differenza: il termine per godere della riduzione è esteso a 30 giorni – fino al 31 maggio – decorrenti dalla contestazione della violazione o dalla sua notificazione.
Avverso il provvedimento irrogativo della sanzione saranno certamente esperibile i rimedi ordinariamente previsti avverso le sanzioni amministrative.
La violazione della quarantena e le condotte penalmente rilevanti
Continua a costituire reato la violazione dell’art. 1, comma 2, lett. e) del D.L. n. 19/2020 vale a dire del “divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora per le persone sottoposte alla misura della quarantena perché risultate positive al virus”.
Tale reato è punito ai sensi dell’articolo 260 del R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, Testo Unico delle leggi sanitarie, che prevede l’arresto da 3 mesi a 18 mesi e l’ammenda da euro 500 ad euro 5.000.
Diversamente da quanto accadeva con il reato di cui all’art. 650 cod. pen., tale previsione esclude la possibilità di estinguere il reato con la richiesta di oblazione (Art. 162bis c.p.), vale a dire il pagamento di una somma di danaro pari alla metà del massimo della pena pecuniaria edittalmente prevista, che ha l’effetto di estinguere il reato.
Tale condotta può inoltre integrare il reato di cui all’art. 452 cod.pen. (o più grave reato), rubricato “Delitti colposi contro la salute pubblica”, che al comma 2, prevede la pena della reclusione da 1 a 5 anni.
Bisogna, infine, puntualizzare che risponderà del reato previsto e punito dall’art. 495 cod. pen. chiunque renderà dichiarazioni mendaci al Pubblico Ufficiale in ordine alla propria identità o qualità personali mediante l’utilizzo del modulo di autodichiarazione, punibile con la reclusione fino a 6 anni. Diversamente qualora la falsità riguardi soltanto i fatti, la condotta è censurabile quale falso ideologico punito dall’art. 483 cod. pen. con la reclusione fino a 2 anni.
Giuseppe Arpino per Studio Esposito Avvocati
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