Al fine di ridurre le occasioni di contagio il Governo italiano ha adottato una serie di provvedimenti impositivi, tra i quali la chiusura degli esercizi commerciali che non forniscono prodotti o servizi essenziali.
Fanno eccezione, a titolo esemplificativo, gli alimentari, le farmacie, le Poste e i trasporti. A fronte della chiusura imposta, tuttavia, non ha fatto seguito alcun provvedimento rispondente a ad un interrogativo essenziale:
cosa succede ai canoni di locazione ad uso commerciale?
Lo Stato, infatti, ad oggi non ha adottato provvedimenti “sospensivi” dell’obbligo del pagamento del canone di locazione ad uso “commerciale”; permane, dunque, in via di principio l’obbligo per i conduttori di onorare il pagamento del canone, nonostante le evidentissime difficoltà economiche causate dai provvedimenti emergenziali, che ne inibiscono l’esercizio dell’attività.
Occorre valutare, tuttavia, se il forte impatto dei provvedimenti d’urgenza emanati dal governo comportino, per il conduttore in grave difficoltà, la possibilità di ricorrere a determinate tutele e finanche alla possibilità di considerarsi esonerato dall’obbligo di pagare il canone di locazione. Bisogna, quindi, valutare le opzioni a disposizione del conduttore, non sempre satisfattive per chi deciderà di intraprenderle:
- L’unico provvedimento varato dal governo, contenuto nel Decreto Cura Italia (D.L. n. 18 del 17 marzo 2020) all’art. 65, consiste in una agevolazione fiscale, consistente nel credito di imposta pari al 60 per cento dell’importo del canone di locazione pagato (o da pagarsi). Si tratta di un “Bonus” del quale potranno usufruire esclusivamente i titolari di attività economiche oggetto di sospensione, intestatari di contratti di locazione di immobili rientranti nella categoria catastale C/1.
Sul punto è intervenuta una risoluzione dell’Agenzia delle Entrate, la n. 13/E del 20 marzo, che ha specificato il codice tributo: si tratta del codice 6914 da utilizzarsi nel modello F24 per compensare il credito d’imposta per i locali di categoria C1. - Art. 1464 cod. civ. impossibilità parziale.
Nel contratto di locazione il locatore è tenuto a consentire al conduttore, dietro pagamento del canone, il godimento del bene locato secondo gli usi pattuiti.
Per “godimento” intendiamo sia la messa a disposizione del bene in favore del conduttore, sia l’effettiva possibilità per il conduttore di utilizzare l’immobile secondo gli usi pattuiti.
Se considerassimo il locatore inadempiente (causa la normativa emergenziale) in ordine all’obbligo di consentire al conduttore di godere del bene secondo gli usi pattuiti, potremmo concludere per il diritto del conduttore di chiedere ed ottenere,ai sensi dell’art. 1464 cod. civ., una riduzione del canone.Per completezza bisogna segnalare che la Legge attribuisce al conduttore, che non abbia interesse ad un adempimento parziale, la possibilità di optare per il recesso dal contratto di locazione,ponendo fine al vincolo contrattuale.La possibilità di ottenere una riduzione del canone è sicuramente una prospettiva solidale interessante,che consentirebbe di ripartire “equamente” tra le parti coinvolte il peso della crisi economica scaturente da quella sanitaria da Covid-19. V’è ancora incertezza tra gli interpreti circa la possibilità per il conduttore di avvalersi del diritto alla riduzione del canone,poiché l’impossibilità de qua non è “definitiva” ma temporanea. Si badi, il conduttore non ha il diritto “unilaterale”di ridursi il canone, ma è sempre necessario un accordo con la parte locatrice. - L’art. 91 del D.L. n. 18/2020 stabilisce che “Il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”.
Si tratta di una disposizione tautologica, che nulla aggiunge a quanto già previsto dal cod. civ. in tema di inadempimento del debitore ai sensi dell’art. 1218 cod. civ., che ne esclude la responsabilità laddove l’inadempimento o il ritardo sia derivato dall’impossibilità di farvi fronte per causa a lui non imputabile. Conseguenzialmente, in tali casi può dirsi escluso anche il diritto del creditore al risarcimento del danno ex art. 1223 cod. civ.
Il fatto che il legislatore utilizzi la dizione “valutata” consente di presumere che non si tratti di una esclusione assoluta di responsabilità, ma andrà accertata caso per caso dal giudice.
L’unico effetto innovativo sembra potersi riconoscere nell’inciso “è sempre valutata” che sembra poter essere interpretato come un potere officioso del giudice di rilevare la “giustificazione”, consistente nel rispetto delle misure di contenimento,indipendentemente dall’eccezione di parte. Ma in tal caso siamo, ovviamente, in fase processuale. - Ulteriore opzione è costituita dall’impossibilità sopravvenuta definitiva o temporanea (Art. 1256 cod. civ.). Nel primo caso l’obbligazione si estingue. Nel secondo caso, invece, l’art. 1256, comma 2, cod. civ. esclude la responsabilità del debitore per il ritardo nell’adempimento fintantoché perduri lo stato di impossibilità. Ciò significa che, cessato l’evento che ha reso la prestazione impossibile, nel nostro caso l’epidemia da Covid-19 e i conseguenti provvedimenti restrittivi, il debitore sarà comunque tenuto a pagare i canoni arretrati.
Vi è sul punto una recente pronuncia giurisprudenziale secondo la quale “La liberazione del debitore per sopravvenuta impossibilità della prestazione può verificarsi, secondo la previsione degli artt. 1218 e 1256 c.c., solo se ed in quanto concorrano l’elemento obiettivo della impossibilità di eseguire la prestazione medesima, in sè considerata, e quello soggettivo dell’assenza di colpa da parte del debitore riguardo alla determinazione dell’evento che ha reso impossibile la prestazione. Pertanto, nel caso in cui il debitore non abbia adempiuto la propria obbligazione nei termini contrattualmente stabiliti, egli non può invocare la predetta impossibilità con riferimento ad un ordine o divieto dell’autorità amministrativa (“factum principis”) sopravvenuto, e che fosse ragionevolmente e facilmente prevedibile, secondo la comune diligenza, all’atto della assunzione della obbligazione …” (Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 14915 del 8 giugno 2018). Dalla lettura acontrario della massima potremmo ricavare la possibilità del debitore di invocare l’impossibilità sopravvenuta della prestazione derivante dal divieto dell’Autorità, perché non ragionevolmente prevedibile secondo la diligenza richiesta. Sia chiaro che permane la difficoltà di qualificare come impossibile il pagamento di un canone, cioè di una somma di danaro per sua natura fungibile.
Ancora, l’art. 1258 cod. civ. consente l’effetto liberatorio del debitore mediante l’esecuzione della parte di prestazione rimasta “possibile”, e dunque mediante il pagamento della parte del canone rimasta “possibile”. - Strada più complessa, perché in tal caso è necessaria la volontà del Locatore di impedire la risoluzione contrattuale, è optare per il diritto del conduttore di richiedere la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta.
L’art. 1467 cod. civ., al verificarsi di casi avvenimenti “straordinari ed imprevedibili” consente al conduttore, tenuto all’adempimento di una prestazione continuata o periodica (il pagamento del canone) di domandare la risoluzione del contratto qualora la sua prestazione sia divenuta eccessivamente onerosa. In tali casi, la legge offre al locatore la possibilità di evitare la cessazione del vincolo contrattuale offrendo di modificare equamente le condizioni contrattuali e, dunque, nel nostro caso consentendo una riduzione del canone locativo. Come detto, il buon esito dell’operazione dipende esclusivamente dal Locatore, che diversamente potrebbe accettare la domanda di risoluzione e rientrare in possesso dell’immobile locato.
Concludendo il quadro delineato è complesso. Difficile esprimersi sull’orientamento che si consoliderà in ordine alla eventuale responsabilità del conduttore per il mancato pagamento di canoni di locazione, anche alla luce di un quadro giurisprudenziale inesistente.
Avremo modo di approfondire ed ulteriormente chiarire la portata delle regole sopra esaminate.
E’ auspicabile che, in una prospettiva solidale, locatore e conduttore si facciano egualmente carico delle conseguenze negative del periodo storico che stiamo vivendo, perché le attuali criticità straordinarie non possono in alcun modo farsi rientrare nella normale alea del rapporto giuridico, né sono riconducibili al cd. “rischio imprenditoriale”.
Giuseppe Arpino per Studio Esposito Avvocati
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